sabato 21 novembre 2009

BONIFICHE IN NERO ORA TREMA TUTTA LA LOMBARDIA VIP

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 21 novembre 2009

di Gianni Barbaceto e Leo Sisti
(Giornalisti)


Era la primavera del 2008. L’emergenza rifiuti stava travolgendo Napoli. Silvio Berlusconi fa della città la vetrina dei suoi primi interventi da presidente del Consiglio. In quelle settimane incontra più volte Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche italiane, collezionista di Ferrari e auto di gran pregio. A lui chiede consigli e consulente: «Può occuparsi degli inceneritori in Campania?». Grossi ci pensa, ma alla fine rifiuta. È solo un episodio, ma significativo del livello di conoscenze e di entrature del ragionier Grossi, diventato oggi il protagonista dello scandalo che fa tremare la Lombardia.

La domanda che attraversa Milano, dai corridoi di palazzo di Giustizia ai piani alti del Pirellone, è la stessa da giorni: quella in corso è l’ennesima indagine che sfiora la politica lombarda per poi finire in nulla, oppure questa volta si aprirà una nuova Tangentopoli che coinvolgerà anche i vertici del potere regionale? A porsela, questa domanda, non sono solo i fan di Mani pulite o i politici che temono di finire coinvolti, ma anche i papaveri della Lega di Bossi, che alle prossime elezioni regionali non vedono l’ora di sostituire con un loro candidato un Roberto Formigoni eventualmente azzoppato dall’inchiesta. Nell’attesa di avere una risposta, l’indagine sulle bonifiche realizzate da Giuseppe Grossi prosegue. E cresce, con l’apertura di nuovi filoni.

Questa storia nasce in Germania, dove l’autorità giudiziaria locale indaga su sei cittadini tedeschi che smaltiscono rifiuti provenienti dall’Italia. Scopre che i sei hanno a che fare con tangenti a funzionari tedeschi e con prezzi gonfiati attraverso l’interposizione di società che poi girano il sovrappiù ricavato a qualche misterioso personaggio ancora senza volto. Le carte vengono mandate in Italia: perché il materiale scaricato nelle discariche tedesche Gbs e Puschwitz proviene dall’area di Rogoredo, a sud di Milano, dove l’immobiliarista Luigi Zunino stava realizzando, prima del suo tracollo, il quartiere Santa Giulia.

Alla procura di Milano si mettono al lavoro i sostituti procuratori Laura Pedio e Gaetano Ruta, che danno un nome e un volto a qualcuno dei personaggi misteriosi. Il primo è proprio Giuseppe Grossi, titolare della Green Holding, che sta risanando Santa Giulia e tante altre aree. Secondo l’accusa, le sue imprese dilatano i costi delle bonifiche pagando alcune società che fanno riferimento a un avvocato svizzero, Fabrizio Pessina, il quale gira i soldi in sovrappiù a conti esteri di Grossi e dei suoi collaboratori. Con questo giochetto, il re delle bonifiche accumula fondi neri per 22 milioni di euro. Nel febbraio 2009, vengono arrestati Pessina e due collaboratori di Grossi. Il 20 ottobre è la volta dello stesso Grossi, di altri suoi collaboratori e di Rosanna Gariboldi, assessore a Pavia e moglie di Gianfranco Abelli, parlamentare Pdl e soprattutto uomo vicinissimo a Formigoni.

C’era una volta l’industria. A Milano Rogoredo c’era la Montedison, a Pioltello c’era la Sisas, a Sesto San Giovanni le acciaierie della Falk, a Casei Gerola uno zuccherificio... Oggi le fabbriche sono state smantellate e le aree hanno tutte un destino: essere recuperate per nuovi insediamenti residenziali o commerciali. In ogni caso, devono essere ripulite. L’elenco (riservato) dei siti contaminati da risanare, stilato dalla Regione Lombardia, occupa venti pagine fitte fitte. Un grande business, l’affare del futuro: ieri si facevano soldi producendo merci, oggi e domani si faranno tentando di ripulire i residui del passato. Lo ha capito prima di tanti altri Giuseppe Grossi, un ragioniere milanese che oggi ha 62 anni, ma che già nel 1997 decide di puntare sulle bonifiche:

sborsando 26 miliardi di lire si compra un’azienda americana del settore, la Bfi, e diventa il più grande spazzino d’Italia, il più importante imprenditore italiano del settore ecologia. Che vuole dire: bonifiche ambientali, gestione dei rifiuti, ma anche produzione di energia attraverso i rifiuti.

Per operare in questo settore è necessario avere buoni rapporti con la pubblica amministrazione e la politica. Per Grossi non è un problema. Perché la sua appartenenza a Comunione e liberazione lo inserisce in una rete già pronta di relazioni e contatti. Il suo rapporto più stretto è con Gianfranco Abelli, il Faraone del Pdl in Lombardia, uno degli uomini più vicini a Formigoni. Ma il Grande Spazzino ha rapporti anche con Mario Valducci, uomo di Berlusconi prima in azienda (Publitalia), poi in politica (Forza Italia). Ed è attivo anche in Veneto, dove ha rapporti personali con il governatore Giancarlo Galan. Ha tessuto la sua rete, fino a diventare al nord quello che Alfredo Romeo era riuscito a diventare nel centro-sud, cioè il punto di vertice di una rete d’interessi che unisce affari e politica. Con Abelli e sua moglie è tanto prossimo da condividere vacanze, investimenti e conti all’estero: sul conto “Associati” (un nome che sembra una confessione) acceso nella Banque Safra (ex Banca del Gottardo) di Montecarlo, tra il 2001 e il 2008 passano versamenti per 2,3 milioni di euro che arrivano da conti esteri di Grossi e in parte tornano a Grossi, con però un saldo di 1,2 milioni di euro a favore dei coniugi Abelli.

La moglie di Abelli, a sua volta, è il centro di una rete di operazioni immobiliari per milioni di euro che coinvolgono, attraverso alcune società (Pellicano, Perla, Tulipano, Lux usque ad sidera...) un paio di assessori della giunta Formigoni, Massimo Ponzoni (Ambiente) e Massimo Buscemi (Reti e servizi) e un ex assessore, Giorgio Pozzi, oggi vicecoordinatore del Pdl a Como. Un altro ex assessore di Formigoni, Mario Resca, ora direttore dei beni culturali con il ministro Sandro Bondi, è tanto intimo con Grossi da essere ospitato, come Abelli, a bordo del jet dell’imprenditore. Claudio Tedesi, ingegnere lodigiano esperto in bonifiche, è invece spinto da Abelli sulle poltrone di direttore generale di Asm Vigevano (l’azienda dei servizi municipali) e poi di Asm Pavia. Ma Tedesi recita contemporaneamente un’altra parte in commedia: è il tecnico di fiducia di Grossi.

Il re delle bonifiche le relazioni le nutriva con cura e senza badare a spese. Ha investito ben 6,5 milioni di euro in preziosi orologi poi regalati ad “amici” annotati con cura in un elenco scritto a mano con sigle o nomignoli (Giancarlo A., Maurizio L., Maurizio B., Puzzola, Brontolo, Willy...).

Ora la procura è a caccia dei cognomi. Quando i magistrati interrogano i due collaboratori di Grossi arrestati lo scorso febbraio (e ora usciti di scena dopo aver patteggiato la pena), chiedono conto di una loro annotazione: «Bernardo: 100». Chi è Bernardo? Il sospettato è un uomo politico lombardo, ma i due uomini di Grossi sostengono di non essere in grado di dire chi è.

Hanno solo visto una persona a cui Grossi ha consegnato, a Lugano, 100 mila euro in contanti.

L’imprenditore nega di aver dato soldi a politici. Solo qualche regalo, senza chiedere nulla in cambio. Certo è che Grossi fa bingo quando, l’11 giugno 2009, la Regione approva, su proposta di Formigoni di concerto con l’assessore Ponzoni, una delibera che stanzia 44 milioni aggiuntivi per la bonifica entro il 30 settembre 2010 dell’area Santa Giulia.

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