giovedì 28 gennaio 2010

Il tesoretto europeo delle mafie

Dal Sito liberainformazione.org
del 28 gennaio 2010

di Stefano Fantino
(Giornalista)


Esportare il riuso sociale dei beni confiscati, basandosi sull'esperienza italiana, ma a quale Italia bisogna guardare? Direttamente da Reggio Calabria dopo il Consiglio dei Ministri che ha approvato varie misure antimafia, il ministro Maroni non solo ha parlato della nuova agenzia nazionale per i beni confiscati ma ne ha anche indicato la data di inaugurazione. «L'agenzia nazionale per i beni confiscati che avra' sede a Reggio Calabria sara' insediata "entro 15 giorni"». Piena attuazione , quindi, a quella strategia quantomeno fumosa e controversa che il governo ha portato avanti sul tema: da un lato una legge che mortifica la 109/96 permettendo la vendita all'asta dei beni, dall'altro una agenzia che coordini la gestione degli stessi. Segni di contraddizione nel Paese che quattordici anni fa aveva visto una formidabile raccolta firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare, all'avanguardia nella riconquista del maltolto mafioso. Ma se l'Italia si ferma, in Europa la presa di coscienza del valore della confisca e del riuso sociale sempre timidamente prendere piede. Prova ne è l'audizone del Commissario designato per gli Affari interni Cecilia Malmstrom, che oltre ad aver riconosciuto il problema mafia come un tema importante e comune per l'Unione ha riconosciuto che il viatico della 109/96 deve essere percorso anche in Europa, dove le mafie e le loro risorse finanziarie spesso silenziosamente si diffondo a macchia d'olio. Ne abbiamo discusso con Rita Borsellino, eurodeputato e sorella del giudice Paolo.


La settimana scorsa l'audizione della Malmstrom, Commissario designato per gli Affari interni, ha portato l'Europarlamento a discutere del tema mafia, in che modo?


Durante la seduta c'è stata un'esposizione molto chiara della Malmstrom, un discorso introduttivo con linee abbastanza chiare, devo ammettere; ciò che ha provocato la mia domanda è stato il fatto che si è parlato di terrorismo, si è parlato di criminalità, si è parlato di immigrazione ma non ho mai sentito nominare il termine mafia, una criminalità organizzata, particolare come sappiamo. Mi è sembrato quindi utile davanti al Commissario designato per gli Affari Interni chiedere lumi sul mancato pronunciamento su questo tema e se non pensasse che questo argomento non meritasse una particolare attenzione. E in particolare ho citato la legge 109/96, una legge di iniziativa popolare che, come sa, permette il riuso sociale dei beni confiscati.


Cos'ha detto nello specifico sui beni confiscati?


Devo dire che la commissaria si era parecchio documentata e ha fatto proprio riferimento a questa legge italiana parlando di una futura possibile normativa europea su questo tema. Ha detto che da Commissario si sta adoperando in questo senso, affinché una normativa comunitaria estenda il riuso sociale dei beni confiscati a tutta l'Europa. Questo mi ha fatto piacere perché significa che dell'argomento si era davvero interessata. Il tutto mentre l'Italia discuteva e approvava la possibilità di mandare all'asta i beni: questa iniziativa europea mi ha in parte rincuorato.


La risposta positiva del Commissario Malmstrom e la voglia di intraprendere un percorso europeo sul tema dei riuso sociale dei beni confiscati, troverà dei problemi, delle “resistenze” culturali e giuridiche sul percorso?


Le differenze ci sono sicuramente anche solo a livello di percezione del problema mafia, che non è sentito allo stesso modo da tutti i Paesi. Ci sono Paesi che, a parte l'Italia ovviamente, sentono maggiormente la questione o per problemi di vicinanza, diciamo così, o per problemi di altre mafie, infatti oggi, giustamente utilizziamo la parola al plurale, e non più al singolare. Mi riferisco a quei paesi che conoscono il fenomeno e lo hanno presente nei rispettivi territori, penso ai paesi dell'est Europa che sicuramente vivono questa situazione. Io so per esempio che in Albania si sta facendo un lavoro sulla confisca dei beni, anche di buona lena, perché loro aspirano ad essere riconosciuti nell'Unione. L'Italia anche da questo punto di vista, come conseguenza della presenza mafiosa, è all'avanguardia sul tema. E il fatto che sia stata frutto, quella legge, di una iniziativa popolare, signfica anche che c'é una coscienza civile. Per questo non si può pretendere che gli altri paesi abbiano la stessa attenzione, la stessa coscienza; sicuramente si può e si deve pretendere che questo non venga considerato un problema soltanto di alcuni visto che le mafie, ormai, i loro interessi li hanno estesi in tutta Europa.


Quello della legge 109 “europea” sarebbe il mezzo per colpire la mafia nel potere finanziario dunque?


Esattamente, l'estesione europea della mafia è frutto soprattutto di investimenti, ecco perché questa legge consentirebbe di perseguirla a livello continentale: non si tratta in un Europa di una mafia che ha controllo del territorio, ma la sua presenza c'è dal punto di vista degli investimenti. Gli europei devono comprendere che sarebbe, questa legge, conveniente per loro.


In Italia alla legge per il riuso sociale ci siamo arrivati con una iniziativa popolare, come ci si arriverà in Europa, ferma restando la necessità della necessità di estendere una sensibilità verso questo tema?


Io penso che il processo, in Europa, possa essere di tipo inverso a quello che si è svolto in Italia. Nel nostro paese è stata una popolazione sensibile che aveva subito sulla sua pelle le conseguenze tragiche della presenza mafiosa, ancora di più negli anni precedenti alla formulazione di questa legge, colpita dalle stragi del '92 e del '93, che si erano estese al di fuori dei confini siciliani. Questo ha permesso una grande mobilitazione popolare guidata da Libera che ha portato a sensibilizzare la politica e le istituzioni. Io non credo che nei paesi europei si possa fare un percorso simile perché sicuramente è più “semplice” e agevole sensibilizzare i parlamentari europei, rappresentanti dei vari paesi, che poi possono sensibilizzare i loro concittadini. Perchè, non essendo la presenza mafiosa così drammaticamente visibile come in Italia, sarebbe difficoltoso il percorso contrario; io mi accorgo, per esempio, che di fronte a queste mie richieste sono più attenti i rappresentanti di alcuni paesi, per esempio la Spagna , che ha vissuto il problema del terrorismo o paesi che già hanno cominciato ad avere contatto con le mafie, come la Germania, che ha visto la strage di Duisburg. Credo che si debba quindi partire dalla sensibilizzazione del Parlamento e delle Istituzioni europee per assumere una decisione che poi abbia una ricaduta su tutti i paesi.


Il tutto mentre in Italia la 109 viene depotenziata gravemente dalla possibilità di mettere all'asta i beni...


Questa è una situazione paradossale. Per cercare di impedire che questa legge venisse approvata la mobilitazione popolare c'è stata ancora una volta, tante categorie, associazioni, si sono espresse, attorno al rifiuto di questo cambiamento, eppure il governo e certa politica hanno lo stesso portato avanti questa situazione. Mentre allora si prese atto della mobilitazione popolare e le si diede una soluzione consequenziale, questa volta si è agito nonostante la mobilitazione.


Durante l'audizione di cui sopra, si è parlato anche di immigrazione, come ricollega al tema a recenti sviluppi di cronaca che lo vedono intrecciato a quello delle mafie?


Spesso l'agire può essere dettato dalla scarsa conoscenza, ma non penso in questo caso, per fatti che avvengono in Italia e di cui è impossibile non avere delle chiavi di lettura. Tre giorni fa ho partecipato a una missione a Rosarno, con il gruppo S&D cui appartengo, a verificare di persone i perché è accaduto quello che è successo. Abbiamo avuto una chiara chiave di letture: la 'ndrangheta ha manovrato una situazione e ha gestito da sempre la riduzione in schiavitù degli immigrati, e organizzandone il lavoro. Cose che analizzeremo in un studio che verrà scritto dopo questa missione.


Cosa ne viene fuori?


Nel momento in cui questi lavoratori non servivano più perché la loro presenza non era più convenienti, perché conviene non raccogliere le arance ma farle marcire sull'albero, per il diverso modo in cui l'Europa ora elargisce i contributi, non più sulle arance raccolte ma sull'estensione del terreno coltivato, dovevano liberarsi di queste persone, un peso ormai. E hanno scatenato un conflitto su un territorio che vedeva una convivenza tollerante nei confronti di questi migranti. Con la conseguenza che volevano: sono stati presi dalla polizia e portati via. Una mafia che utilizzava a suo piacimento queste persone.


In queste settimane la cronaca ha offerto anche parecchi spunti sul tema della giustizia, non solo dai palazzi ma anche riguardanti le minacce ai magistrati nisseni, ad esempio...


Emotivamente non posso che seguire attentamente ciò che accade, soprattutto a Caltanissetta, dove un pugno di magistrati, coraggiosi, determinati e coerenti ha deciso di scoprire la verità. Hanno avuto il coraggio di rimettere in discussione e soprattutto di rimettersi in discussione perché c'era stata una sentenza definitiva su via D'Amelio, ma loro hanno avuto forza di aprirsi a questi nuovi elementi dopo averli verificati. Non è un caso che ricominci l'attacco ai magistrati non solo dal punto di vista mediatico e istituzionale ma anche militare, da parte di una mafia che diventa arrogante perché deve tutelarsi, nel momento in cui si riaprono le indagini.


Pensa che sia una strategia il fatto che la minaccia fisica si sommi spesso alla delegittimazione?


Certo anche togliere gli strumenti con normative che disarmano i magistrati. Un attacco concentrico che viene sferrato da tre parti, in mezzo si trovano loro completamente senza mezzi, eppure vanno avanti, forti della loro coerenza.

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